Ripalimosani (CB). La Chiesa Madre e la terza copia della Sacra Sindone

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La copia della Sindone venerata nella Parrocchia S. Maria Assunta di Ripalimosani (CB) costituisce un documento storico di estrema rarità, non tanto perché rappresenta una delle poche copie del sacro originale, in grandezza naturale, esistenti al mondo, ma per il vanto di essere una dei primissimi esemplari prodotti più di quattro secoli or sono. È a tutti noto che nella Cattedrale di S. Giovanni in Torino viene custodita la tela di lino o Sindone o, sia pur impropriamente detta, Sudario che, si ritiene, abbia coperto il corpo senza vita di Gesù Cristo durante il breve periodo di permanenza nel sepolcro. In essa figura misteriosamente e inspiegabilmente impressa l’immagine di un corpo umano recante tutti i segni della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Nel secolo XV la stessa venne in possesso della casa ducale dei Savoia avente sede in Piemonte. Le notizie afferenti la copia esistente a Ripalimosani sono il risultato di approfondite e serie indagini condotte da Mons. Giovanni Lanza, Cappellano Maggiore della Real Casa dei Savoia, cui l’Arciprete di Ripalimosani, Don Nicola Minadeo, nel 1898 si rivolse allorché avvenne l’ostensione a Torino della Sacra Sindone in occasione delle nozze del principe Vittorio Emanuele di Savoia con Elena Patrovich, futuri sovrani d’Italia. Dalle suddette indagini emerse che questa di Ripalimosani è la terza copia, prodotta in grandezza originale, in ordine cronologico. Essa venne richiesta dal Duca Carlo Emanuele I di Savoia sul finire del secolo XVI, precisamente intorno all’anno 1594, per farne dono al di lui suocero Re di Spagna Filippo II, tra le cui Case intercorreva felice concordia. Carlo Emanuele ordinò che il pittore dipingesse in ginocchio ed a capo scoperto, trovandosi al cospetto della sacra reliquia originale, e nella Cappella vicina venisse esposto il SS. Sacramento in forma di Quarantore. Latore dell’opera venne designato l’Arcivescovo di Bari, Mons. Giulio Cesare Riccardo, allora Nunzio Apostolico di Papa Clemente VIII presso la corte dei Savoia, che la consegnò personalmente al sovrano di Spagna, da allora tra Re Filippo e l’Arcivescovo sorse una tal grande amicizia al punto che prima di morire (1598) il Sovrano gli donò il sacro dipinto. Da Mons. Riccardo l’opera passò per successione al fratello gemello Alessandro, anch’egli vescovo, e da quest’ultimo al nipote Girolamo Riccardo, Marchese di Ripalimosani. La famiglia Riccardo era oriunda di Napoli. Nella chiesa dello Spirito Santo di quella città è la cappella dove è sepolto l’Arcivescovo di Bari con la scritta “Cappella dei Riccardo dei Marchesi di Ripa”. Girolamo Riccardo, pertanto, conservò la tela accuratamente piegata in una cassetta nel palazzo marchionale di Ripalimosani. Estintasi la famiglia Riccardo, la titolarità di Ripa passò per discendenza nel 1669 alla famiglia Castrocucco e da questa nel 1770 a quella dei Mormile. Soppressa la feudalità con legge napoleonica del 2 agosto 1806, l’ultimo marchese di Ripalimosani, Nicola Mormile, prima di ritirarsi presso la sua terra d’origine, lasciò il dipinto, in data 8 settembre 1807, ai canonici della Chiesa collegiata di Ripalimosani. Da quel giorno lo scatolo rimase conservato negli archivi della parrocchia per circa un secolo. L’Arciprete Don Nicola Minadeo, innanzi menzionato, decise di esporre il sacro lino alla venerazione dei fedeli disponendolo nel grande quadro dove ora possiamo ammirarlo. Ciò avvenne con grande solennità il giorno 7 maggio 1899. è da precisare che tale documento è sacro perché, sempre secondo le stesse indagini, la tela, prima di partire per la Spagna, venne fatta combaciare con l’originale. In tal modo essa acquisì la qualifica di “reliquia per contatto” e pertanto degna di pubblica venerazione. Chiara si scorge l’immagine del Cristo morto pressappoco come appare sull’originale custodito a Torino. Alla base della tela la scritta in latino significa “Vera immagine del SS. Sudario del Salvatore tratta dalla Sacra Sindone dei Savoia ricevuta dal Giulio Cesare Riccardo Arcivescovo di Bari, Nunzio di Clemente VIII”. Verso il lato sinistro c’è un pezzetto di seta rossa con sotto la scritta “Seta in cui fu involta la SS. Sindone dal maggio 1868 al maggio 1898 ed ebbe immediato contatto con la SS. Reliquia (II Cappellano Maggiore di Sua Maestà)”. Accanto vediamo un’immaginetta con la seguente preghiera indulgenziata da Pio IX il 16 settembre 1859: “O Signore, che nella SS.ma Sindone, entro la quale il Vostro Corpo adorabile, deposto dalla Croce, venne ravvolto, lasciaste tracce della Vostra presenza quaggiù e pegni non dubbi del Vostro amore, deh! Per i meriti della Vostra santa Passione ed in riguardo di questo venerabile lino, che servì alla vostra sepoltura, fateci grazia che nel giorno della risurrezione siamo anche noi fatti consorti di quella gloria nella quale Voi regnate eternamente. Così sia” (Indulgenza di 100 giorni ai fedeli che reciteranno questa orazione innanzi alla reliquia o all’immagine della SS. Sindone e plenaria due volte l’anno a quelli che reciteranno confessati e comunicati). In occasione del Congresso Catechistico-Eucaristico, tenutosi a Campobasso dal 5 al 12 settembre 1954, la Sindone di Ripa venne trasportata solennemente e con grande partecipazione di popolo alla Cattedrale di Campobasso, ove rimase esposta ai fedeli per tutto il tempo del Congresso. Nel Giubileo del 2000 è stata trasportata a Siena in Santa Maria della Scala per una mostra, tenutasi dal 26 maggio al 30 luglio 2000, dove sono state raccolte le principali riproduzioni che copisti a volte illustri desunsero dalla Sindone torinese a scopo devozionale.

Posizione

86025 Ripalimosani CB, Italia

Additional Info

  • Autore principale: Nino Iammarino

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