IL CAMPUS DEL FORTORE - AGOSTO 2010

....mi ha molto colpito l'organizzazione delle varie giornate e degli incontri: inizialmente infatti pensavo la giornata fosse interamente basata sui vari laboratori e che per il resto del tempo ci potesse essere libera uscita, invece sono stato piacevolmente sorpreso perchè alla fine sono stati sopratutto gli incontri mattutini a stimolare in me i più forti spunti di pensiero. Ho molto apprezzato la volontà dei Ghetonia di dimostrare che il Salento non è solo Pizzica Pizzica, ma vi sono culture molto più lontane ed ugualmente importanti per la cultura popolare; mi ha piacevolmente appassionato l'incontro con Paolo Apolito per la ricchezza di informazioni apprese riguardo il Tarantolismo e ho provato straordinarie emozioni durante la "chiacchierata" con Roberto De Simone proprio per questa sua grande voglia di far aprire gli occhi ai giovani d'oggi. Purtroppo però nelle sue parole non ho trovato alcuna speranza per quanto riguarda il nostro futuro, per cui dopo l'incontro ho pensato che l'unica maniera di sopravvivenza fosse l'evasione...

...Il laboratorio in cui hanno partecipato i due diversi aspetti della cultura popolare italiana, il nord provenzale e il sud salentino, credo sia stato il senso più piacevole dell'intero campus. L'osservare la volontà dei provenzali e degli Alla Bua di far conoscere una piccola parte della loro storia popolare penso abbia riacceso lo spirito nazionalistico, in un paese dove la secessione tra nord e sud non è una minaccia ma quasi una richiesta espicita di una parte molto potente di Italia....

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... Il laboratorio di Pulcinella invece ritengo sia stato il più divertente, allontanandoci dalla musica abbiamo toccato con mano un altro aspetto della cultura popolare non meno importante degli altri. Purtroppo il burattinaio ha confermato i dubbi che erano emersi durante il dialogo con De Simone: il sentire che per 26spettacoli italiani non ha ricevuto una lira, e che se può si tiene il più lontano possibile dal suo paese è stata la cosa più triste dell'intero laboratorio.
Per quanto riguarda l'ultima giornata non ho molte parole sul rito settenale, se non profonda ammirazione sia per tutti i penitenti convinti (e non parlo dei possibili mafiosi) che vi erano sotto quelle tuniche sia per la forza della fede.

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Concludendo vorrei solo accendere in me stesso un piccolo barlume di speranza ripensando a come Antonio definì il laboratorio, ossia una chiara azione politica: spero che ciò possa far credere nella cultura popolare italiana in Italia, poichè da quello che ho capito è una delle più importanti nel mondo e con più diversificazioni da regione a regione, per cui sarebbe un enorme sacrilegio eliminarne ogni traccia anche perchè, da quello che mi è stato trasmesso, tutte queste diversificazioni e tradizioni differenti, - tramite anche il lavoro delle Rete - possono essere preludio di maggiore unione, più di quanto non si cerchi di compiere con le riforme del federalismo e della scuola (penso solamente alla nuova mozione sulla precedenza, in ogni regione, ai professori di quello stesso territorio).

Dopo queste premesse spero vivamente che l'azione della Rete continui,  allargandosi, come auspicato, ed abbracciando sempre più territori.

Jacopo Mengo