Il raccolto autunnale: la castagna

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Non si conoscono le esatte origini del castagno, conservatosi pressochè indenne attraverso le ere glaciali. Con le grandi vittorie di Roma e la conquista di nuovi territori, la coltura si estese oltre il suolo italico. Questo frutto ha da sempre rappresentato  nelle zone montane  una delle fonti principali di alimentazione , come sostituto del frumento, in particolare alla fine del Quattrocento, periodo di guerre e carestie, dove con la farina di castagna si produceva quello che ancora oggi viene definitio come “il pane dei poveri” o “pane di legno”. Ormai conosciute in tutta Europa,  le castagne,  hanno assunto  un ruolo fondamentale nella storia agraria italiana, conoscendo tuttavia dalla seconda metà del Novecento una notevole crisi determinata da molteplici fattori,  in modo particolare l’abbandono delle aree montane da parte dei valligiani a favore del lavoro industriale  nelle grandi città e la comparsa di parassiti e malattie.

Effettuata la raccolta, sia dopo la libera caduta che per opera dei battitori, i frutti vengono scelti  e suddivisi in base alla grandezza ed all’integrità, con la partecipazione attiva , nelle zone più impervie,  di  tutta la comunità, dai bambini agli anziani, dove ognuno assumeva un ruolo definito  nella lavorazione e conservazione del prezioso alimento. Le castagne vengono  poste negli essicatoi, piccole baite in muratura con un locale diviso verticalmente, adagiate su graticci, al di sotto del quale resta costantemente acceso il fuoco per l’affumicatura. Sulle Alpi Apuane, in Toscana l’accensione del fuoco nel seccatoio diventa una vera e propria cerimonia, dove viene utilizzata una candelina della Candelora, un pane benedetto, con invocazioni a  Santa Barbara, protettrice di coloro che lavorano con il fuoco.

Con l’essicazione, nei villaggi iniziava in passato anche il ciclo delle Veglie, compreso tra il termine e la ripresa dei lavori agricoli dopo l’inverno, quindi era differente nelle diverse località.  Le famiglie si riunivano e si  cantavano canzoni popolari, si raccontavano favole e leggende,  si celebrava il rito della tradizione orale.

Del frutto e dell’albero praticamente tutto può essere utilizzato: i  polloni venivano conservati come mangime per le capre, i ricci e le foglie secche utilizzati come combustibile per le stufe, il legno di castagno, resistente alle intemperie ha conosciuto gli usi più diversi: dai mobili alle intelaiature delle case, dai tetti alle palizzate, agli oggetti di uso comune in cucina, sino alle concia delle pelli, grazie all’alta presenza di tannini nella corteccia ed alla costruzione di strumenti musicali o rituali: dalla lira calabrese ai corni usati in Liguria durante la Settimana Santa.

Esisteva un vero e proprio calendario religioso legato al ciclo produttivo della castagna, le cui caratteristiche variavano a seconda del periodo ed in abbinamento alla celebrazione del santo: Per san Michele la succiola nel paniere. A san Simone colla pertica e col bastone. Oca, castagne e vino, tieni tutto per san Martino, una serie di consuetudini che faceva danzare e cantare i giovani fidanzati intorno all’albero di castagno , riprendendo i rituali legati alla fertilità. .

Il Comune di Nomaglio, in provincia di Torino,  aderisce con l’ Ecomuseo della castagna e la Sagra della castagnaal progetto sui Patrimoni Culturali della Rete Italiana di Cultura Popolare.  

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