pietroclemente_da_sardi_newsINTERVISTA A PIETRO CLEMENTE

Cosa è la Poesia a Braccio?

E’ una nozione dai molti nomi: poesia improvvisata, canto a braccio, canto in "bernesco", ottava improvvisata. “A braccio”secondo alcuni nasceva del fatto che i poeti solevano muovere le braccia durante l’esibizione. Secondo altri era un’unità di misura per le stoffe.

L’idea di base è una poesia che viene creata inventando i contenuti nel momento stesso in cui si canta. Lo schema metrico è quello classico, l’endecasillabo già usato da Ariosto, Dante .. Quindi rima alternata per iniziare e rima baciata per le ultime due. E’ l’ultimo verso a dover essere ripreso dal poeta che proseguirà nel canto. Normalmente infatti sono più poeti a partecipare in una vera gara poetica. Non è un caso che Il canto a braccio sia denominato “ a contrasto”: oltre a doversi ‘attaccare all’ultima rima, il poeta che prende la parola dovrà sostenere la sua tesi (opposta a quella di chi l’ha preceduto) sempre usando i versi con maestria, per essere il più convincente possibile. I temi più comuni sono montagna vs mare, moglie vs cognata e così via. E’ dunque un esibizione assolutamente argomentativa, non solo legata alla sola sonorità.


Esiste ancora in Italia ed in che territori? E all'estero?
Abruzzo, Lazio e Toscana sono le terre in cui è nato il canto a braccio in endecasillabo e dove continua a essere praticato. Anche nella Sardegna del nord i poeti cantano utilizzando l’ottava rima, mentre nel sud dell’isola la metrica è differente. Inoltre, durante le gare, si va oltre al confronto di tesi differenti: l’esercizio consiste nel riconoscere un contenuto segreto all’interno dei versi. La bravura, e la competizione, sta nello scoprire questo elemento nascosto tra le rime dell’intervento della squadra avversaria.

Per quel che riguarda l’estero abbiamo testimonianze significative nell’area ispanica, Baleari e Paesi Baschi in primis. Ma questa poesia è molto diffusa anche nell’America centrale, sebbene i versi 10 anziché 8, e non sempre siano endecasillabi. Meno conosciuto, ma altrettanto importante, è il canto a braccio nel mondo arabo: Palestina, Libano, Nord Africa.


Cosa vuole poter dire lavorare in Rete su alcune tradizioni locali? Quale può essere il rapporto con le nuove generazioni?Se dovesse spiegarlo ad un ragazzo di 16 anni, cosa racconterebbe?
In un sistema mondo/globale le tradizioni locali tendono ad essere confinate, creando una sorta di competizione più che collaborazione. Questo è un forte limite: sarebbe compito delle Istituzioni lavorare affinché si andassero a costruire dei portali sistematici di scambio di conoscenza. Così come si guarda alle reti bibliotecarie e museali, ci dovrebbe essere una rete apposita per coinvolgere i promotori delle feste di cultura popolare. E’ già accaduto che un gruppo di giovani inizino a cantare secondo certi criteri senza sapere che il loro modo riprende tradizioni antiche. Una rete darebbe più coscienza e conoscenza. E qui mi collego con il discorso delle nuove generazioni: i giovani nati coi computer sono distanti dalla cultura popolare, ma le nuove tecnologie, allo stesso tempo, possono essere veicolo di diffusione di questo patrimonio. Alcuni poeti a braccio sono presenti su Internet con le loro esibizioni; per riportare un caso pratico, in Corsica alcuni ragazzi appassionati di rap hanno scoperto sul web che alcuni poeti della loro terra che usavano la poesia improvvisata come mezzo di comunicazione (in Corsica infatti non la poesia non è solo una gara, ma è letteralmente un modo per parlare). E così i giovani si sono avvicinati a questa tradizione. Anche You Tube è congeniale in questa direzione: osservare attraverso lo schermo i poeti libanesi esibirsi è comunque un’esperienza interessante che difficilmente avremo la possibilità di fare dal vivo. In ogni caso, nel caso della poesia a braccio, per riportare un esempio, credo che le nuove generazioni possano essere incuriosite da una forma sonora al confine tra la canzone e la cantata popolare.

Che ruolo svolge il Comitato Scientifico della Rete Italiana di Cultura Popolare?
Il Comitato deve incoraggiare il pluralismo e il concetto di Rete contro isolamenti narcisistici e localistici;  lavorare con le amministrazioni affinché si diffonda una coscienza critica del patrimonio culturale, fornendo materiale completo ed esaustivo sulle forme della tradizione. E, infine, fare promozione secondo i nuovi parametri delineati dall’Unesco sul patrimonio immateriale, in modo che non ci sia competizione tra le diverse manifestazioni (come oggi accade anche a livello internazionale), ma si agisca insieme per la loro valorizzazione.

Per concludere, l’obiettivo sarebbe quella di diffondere un’idea aperta e innovativa della cultura popolare in mondo che gli enti locali si attivino per sviluppare una rete di promozione non solo della ricchezza culturale locale, ma secondo una visione più allargata.

 

 

Pietro Clemente
Professore ordinario - Discipline demoetnoantropologiche - Università degli Studi di Firenze
Presidente SIMBDEA
Membro del Comitato Scientifico della Rete Italiana di Cultura Popolare