FESTIVAL DELLE PROVINCE 2009
Festival Itinerante di Cultura Popolare 2009faccia_lata_copia

AUTUNNO






Magliano Alfieri, 18/10/09 - Ultima tappa della Carovana di Cultura Popolare in Piemonte

 

La civiltà contadina del Gesso

 

Territorio di Roero Monferrato. Le Langhe, una delle zone più affascinanti del Piemonte, resa ancor più affascinante da uno dei più grandi scrittori del nostro paese, Pavese. Colline dolci, graduali, fertilissime. Ottobre, primi freddi, cielo terso, giornata solare, alla sua esposizione potevi ancora riscaldarti il cuore oltre che le ossa. Muretti, belvederi, colori dolci tenui ma vivi. La vallata scoppia di bellezza. Accolti nel palazzo della famiglia Alfieri di Magliano dal gruppo spontaneo Associazione Amici del Castello Alfieri, noi della Rete, abbiamo incontrato i nostri esperti. L’antropologo ha collocato la storia di questa civiltà contadina e del suo gesso, poi una donna di quel popolo, in modo informale, ci ha spiegato con lo sguardo ancora luminoso, la voce calda e la passione che ancora trapelava, la stessa che l’aveva accompagnata in tutti questi anni nell’impegno a mantenere un pezzo di valore della memoria del suo popolo.

Museo contadino dei Soffitti in gesso. Hanno recuperato, anche dalle discariche, antiche lastre di gesso finemente decorati: vere opere d’arti. I solai erano finiti nelle discariche, alla gente del posto quei soffitti ricordavano la miseria passata e quindi in fretta se ne erano liberati appena le condizioni di vita erano cambiate.  Erano semplicemente i solai delle case contadine.

Come viene da lontano quel gesso, ha una storia antichissima che vorrei raccontarvi, ma mi mancano gli strumenti tecnici. C’era una volta il mare da queste parti, tanti milioni di anni fa, poi con il cambiare del clima ha evaporato e ha deposto su queste terre il gesso un prodotto del fosfato di calcio(?) Non vogliatemene anche della chimica mi resta il “racconto” Avrei voluto soffermarmi nel museo dove tutto era descritto, prendere appunti, ma il tempo era stretto. Fermarmi di più a toccare, guardare le foto le immagini, la ruota, i gessi. Quanto lavoro certosino questo gruppo di volontari guidato da Antonio Adriano aveva prodotto negli anni, lavoro materiale nelle discariche lavoro intellettuale. Non hanno mollato di fronte al disinteresse delle istituzioni a tutti i livelli, non solo locale. Era la loro storia, la loro impronta su queste terre.Poi un incontro con un’altra donna Enrica Fiandra , appassionata di quella terra, e di quelle opere d’arti ha permesso loro di valorizzare le loro fatiche prodotte nel loro tempo libero volontaristicamente. Un incontro informale come quelli che organizza la Rete, ha permesso di arrivare al cuore del potere centrale, del Ministero dei beni culturali. Un grande insegnamento per me che costruisco costantemente attraverso gli incontri più o meno casuali, ma che poi mi chiedo sempre “ e dopo?”, e a volte perdo il valore dell’informalità, di quanto le  relazioni umane sia fondanti in tutto. E finalmente si è attrezzato il Museo ed è stato collocato nel Castello Alfieri.

Ci ha raccontato, come la vita di queste popolazioni si sia fondata sul gesso.

Gesso? Io che ho conosciuto solo i gessetti da bambina per colorare, che ho visto questo materiali qualche volta lavorato dai muratori nella mia terra, o nei cassettoni di alcuni palazzi nobiliari, sono rimasta stupita nell’apprendere che il gesso depositato sulla terra non solo l’ha resa fertile ma ha reso i prodotti di quella terra rari. Un po’ come il vino coltivato nella sabbia è più raffinato di altri cresciuti in terre normali. Il gesso, ho appreso, protegge dall’umidità, riscalda,  le genti di questa terra l’avevano capito e quindi hanno cominciato ad usarlo nelle loro case, a farne soffitti, solai. Poi era bianco, luminoso, e nei tuguri delle epoche passate dava luce, era facile da imbiancare annualmente. Era la loro ricchezza, avevano le cave di gesso, e alcuni di loro hanno cominciato a venderlo in città, perché ai tempi nelle case dei ricchi gli stucchi erano di gesso. I venditori, ponti con l’altro mondo avevano visto nelle case borghesi il gesso decorato. Passaparola? Racconti? Ponti anche loro, ponti tra il loro mondo e quello di chi l’arte può consumarla. Chissà i primi decori,  perché? Sono nati i primi solai decorati in quelle catapecchie buie senza bellezza. Era entrata la bellezza, l’arte. Dai resti nel Museo si può ancora vedere il livello di raffinatezza a cui erano arrivati. 109 motivi decorativi sono esposti, il più antico dei quali trovato in una cascina porta la data del 1580.  La bellezza della natura intorno a questo paese è stata raccontata nei loro soffitti.

Semplici contadini, non artisti della Venaria reale( dove abbondano anche gli stucchi in gesso), arte del popolo, che sarebbe finita nel dimenticatoio schiacciata sotto le macerie di qualche ruspe, se qualcuno fra loro, non ne avesse colto il valore, prima di tutto di memoria, e poi di inno alla loro civiltà contadina. Ho pensato ai graffiti  che ho visto nel deserto del Tassili, mantenuti protetti dalla natura e dalle rocce. Arte quotidiana dei popoli, quella che gli ha permesso di vivere sopravvivendo alle tremende condizioni di vita. Ho sempre apprezzato l’arte popolare, so che è il canto dei popoli da sempre e che a lei si deve l’Arte quella maiuscola, elitaria. Il filo del nostro racconto di generazione in generazione.E so anche che ogni forma di cultura è contaminata, si contamina da sempre. Ne parliamo, ci scriviamo libri, vado per musei,  ma ieri semplicemente l’ho incontrata, e la cosa più bizzarra che l’ho incontrata nel modo più comune, più informale, attraverso la relazione con i Testimoni. Io sempre troppo spostata sul presente e sul futuro,  ho gia sentita più volte questa frase nella Rete: Testimoni della cultura popolare” e in cuor mio quelle parole mi restavano lontane. Cosa sono vecchi baluardi di epoche passate, cariatidi??Mi annoiava quella frase in bocca agli “esperti” della Rete. Ora ho capito, persone che hanno dedicato e dedicano alla loro memoria, alla loro terra, impegno e amore perché il messaggio passi, i fili tra presente e passato si mantengano, i fili delle nostre identità plurimi mescolate. Eravamo molti ieri, uomini e donne di varie età, e giovani e le amiche/ amici dell’associazione Bucovina. E loro mi raccontavano di paesi nella loro terra dove le case sono abbellite, contornate dal gesso. Non racconto oltre perché Amaritei lo racconterà. E’ emozionante da un paese all’altro quante similitudini e differenzel’arte popolare ha creato per sorreggere la propria ricerca di bellezza , oltre che di sopravvivenza, con i materiali che la terra offriva.

Ho desiderato tempi più lunghi, il nostro cerchio del raccontarci sensazioni, impressioni, più tempo per stare con loro nella cascina di agriturismo, dove ci hanno accolto con i loro canti tradizionali, con il cibo prezioso, raffinatissimo, che queste vallate generano e che loro sapientemente sanno coniugare: tome di vario tipo, polenta trattata in delicatissimi crostini, frittate di erbe di stagione, creme di castagne, di frutti bosco, di mosto, tisana di tiglio( da combinare con i formaggi): delizie per il palato, pere cotte in questo loro moscato rosso, di cui ho già dimenticato il nome ( qualcuno me lo ricordi perché intendo riprodurre quella prelibatezza). E’ la terra dei vini pregiati. Altro che slow food!! Credo che dipenda da noi contribuire a potenziare l’enorme impegno di energie personali che i volontari che organizzano gli eventi della Rete danno. Esperienze rare di questi tempi in cui tutto è offerto, consumato, in pacchetti preconfezionati.

Ieri non ho dato un contributo in denaro alla Rete. E’ giusto che la gente non paghi, l’obbiettivo per la Rete è quello di far accedere tutti a questi beni culturali collettivi, di trasmette nella relazione fili identitari tra una generazione e l’altra, ma oggi mi sono detta che per me e quelli come me è troppo, un piccolo contributo volontario, oltre all’impegno personale, per arricchire anche noi la possibilità di ampliare queste esperienze, sarebbe bello.

 

19 Ottobre 2009, Anna Belpiede